Urgente farsi domande

Alzi la mano chi non si sente smarrito! 

Alzi la mano chi non si sente angosciato! 

Alzi la mano chi non si sente sospeso! 

Alzi la mano chi non si sente nel limbo! 

Tutti sentimenti legittimi, emozioni che non trovano parole, che rimbalzano tra le nostre quattro mura. Ci raccontano che è bello restare a casa, perché si recupera il tempo, perché così cambiamo le nostre abitudini. Da pedagogista, ma ancora prima da madre la mia confusione emotiva non mi lascia spazio all’ozio, a trovare parole e narrazioni dentro di me. 

Così i giorni trascorrono nel dedicare tempo alla cura dei figli che ne hanno bisogno, perché le parole nascoste, le parole smarrite, le parole non dette appartengono anche ai bambini e ai ragazzi. Credo che in questo tempo, siamo alla ricerca di sicurezza, di conferme che tutto tornerà come prima, ma sappiamo noi adulti, che niente sarà più come prima. 

Di fronte a questi corpi adulti che si muovono impazientemente per casa, corpi che rubano un po’ di libertà durante una passeggiata si trovano i figli. Bambini che non frequentano la scuola da tante settimane e altrettante ne seguiranno. Genitori tormentati dal tempo scolastico che stanno perdendo, genitori convinti che un tempo a casa sia un tempo perso. Paura che non impareranno le tabelline, o i verbi, preoccupazione per le lingue straniere che non allenano. E allora ben vengano i compiti. Compiti per riempire il tempo, ma di quale significato? 

Da persona che da anni si occupa di educazione e di relazione genitori/figli mi rammarica osservare che a fronte di cambiamenti epocali e veloci ai quali siamo messi difronte, ci sono ancora genitori che cercano la rassicurazione di una didattica nozionistica, performativa e competitiva. Non importa se il mondo e le vite di oggi sono sempre più complesse e il disagio esistenziale appartiene alla maggior parte, quello che i genitori chiedono sono risposte sicure e certe. Meglio continuare a non interrogarsi su quali sono i desideri, i talenti dei propri figli e quindi anche in questi giorni dove tutti siamo smarriti, si cerca la sicurezza delle risposte convenzionali. Non sarebbe più sincero navigare nell’incertezza, mostrare quello che c’è, così nudo e crudo? Sarebbe un modo per creare spazio autentico, spazio per esplorare risorse nuove. Come scrive Antonia Chiara Scardicchio docente all’Università degli studi di Foggia – Studi Umanistici “… la creatività non è la sorella scema della Conoscenza, ha un valore epistemico cruciale per la sopravvivenza biologica e per quella esistenziale….“. 

E allora perché adesso vogliamo vedere a tutti i costi nella didattica a distanza un valore formativo che si consegna all’insegnamento? No, l’insegnamento ha prima di tutto bisogno di presenza, l’insegnamento ha necessità di esperienza, l’insegnamento è confronto e dialogo. E poi avrebbe bisogno di Bellezza, qualità dimenticata tutti i giorni del calendario scolastico. Tutti pronti a usare qualsiasi genere di prodotto che viene dal web, pur di fare scuola, dimenticandoci che a fronte di questo dolore diffuso, che pressa durante tutti i giorni, da più giorni, tutti noi, bambini compresi, abbiamo bisogno di nutrirci l’animo con belle immagini e bei suoni. Non può essere che pur di credere che non si sta perdendo tempo didattico, sia ammissibile somministrare qualsiasi genere di video, commento, letture, disegni… 

E’ importante domandarsi perché si chiedono o si stanno somministrando lezioni e compiti. C’è forse bisogno di placare le paure di quello che si sta sgretolando attorno a noi? Rischi di fallimenti di aziende, padri e madri in cassa integrazione, tutti lontano da tutto, è questo lo sfondo che fa credere che i compiti ci salveranno? 

Rimanere indietro con il programma (programmi che non esistono, perché esiste la libertà di insegnamento) è il tormento di tante famiglie, ma si pensa davvero che trovarsi la vita sconvolta repentinamente, faccia rimanere indietro? Ma indietro rispetto a cosa? Apprendere dalla vita prima di tutto, questo adesso diventa indispensabile. Del resto le indicazioni del Miur riconoscono il valore della apprendimento informale e non formale. Bene, proprio l’educazione informale è quella che si impartisce in queste settimane di non frequentazione scolastica e prima di tutto è fare i conti con la limitazione della libertà. 

Siamo tutti in casa in quarantena per evitare contagi, ma le malattie dettate dai compiti perfomativi, quelli non fanno paura: mettere le crocette, rispondere a domande chiuse, fare il riassunto, ripetere i verbi irregolari di inglese davanti ad uno schermo, in solitudine, tutto ciò che cosa suscita nei ragazzi? Qualcuno ha provato a chiedere loro che cosa pensano, cosa sentono di questi giorni? La tutela della salute psico-emotiva passa da garantire la motivazione, il coinvolgimento dei bambini e ragazzi, che oggi prima di tutto sono figli e cittadini e poi studenti. 

Ci sono delle ottime possibilità alternative che curano e difendono dalla didattica inerziale. Si tratta di ascoltare bambini e ragazzi e fare loro raccontare che cosa provano, che cosa vivono in questo momento e permettere loro di tradurlo in storie disegnate, scritte, filmate, fotografate. In questo tempo si può passare dalle parole ai fatti: le competenze trasversali, le soft skills che tanto piacciono alla scuola, devono riempirsi di azioni significanti e significative, adesso. E’ giunto il momento di dare spazio al dialogo, ad una presenza davvero autentica in famiglia e attraverso contatti video con gli amici distanti. 

Dare spazio alla creatività, alla collaborazione perché questo è un momento che ognuno ha il diritto di vivere ed elaborare come può, nella libertà, almeno quella che ci rimane, che riguarda il nostro animo, il nostro mondo profondo quello che nessuno deve violare. La didattica a distanza rischia di violare un tempo delicato, un tempo della paura e della speranza, vissuto dalle famiglie che stanno cercando di sostenersi con i propri equilibri personali. Prendiamoci quindi il tempo per riflettere, genitori e insegnanti, per comprendere a fondo con il cuore, con la pancia se i compiti rispondo ai bisogni di questo momento, un momento nuovo che necessità di farsi domande, prima ancora di offrire risposte. 

Farsi domande non è più opzionale, è urgente. 

Articolo pubblicato sul sito di TUTTA UN’ALTRA SCUOLA il 14/03/2020 

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