Cecilia Fazioli

Cecilia Fazioli

pedagogista

Non vivo fuori dal mondo

Non vivo fuori dal mondo, ovvero seguo le notizie del giorno e i vari casi mediatici che hanno un’influenza sull’essenza educativa che poi non è altro che un impatto sulle nostre esistenze.

Scelgo di starmene fuori, di non esprimermi perché no lo sento utile. Scelgo di non fare eco di disgrazie, di ingiustizia, di una disarmonia che si crea e che spesso alimenta il senso di impotenza.

Sicuramente tante notizie in circolo sono campanelli di allarme che mostrano la direzione di questo tempo storico e sono ottimi spunti per dirigere le scelte di campo.
E’ la direzione che poi metto in quello che agisco quando incontro i gruppi, i clienti, i bambini e e i ragazzi.

Il significato che diamo agli eventi e ai processi è del tutto personale e attinge dalla nostra capacità di non farli divenire verità assolute, ma opinioni, perché il rischio è quello di cadere nelle tifoserie.

Se come comunità adulta vogliamo essere garanti di educare al pensiero libero, critico e divergente le future generazioni, occorre che ogni giorno poniamo attenzione a quello che diciamo, che scriviamo… perché le parole accompagnano le relazioni e le azioni.

Parole e azioni è quello che mi prefiggo, a volte mi riesce, a volte no. Ma questa è una delle direzioni in cui cammino.

Per dire no al senso di impotenza.

In questi anni ho fatto delle scelte di campo, non condivido una certa propaganda e sono sempre più attenta a non cadere nella trappola del pensiero duale che tanto è funzionale ai social ed è un terreno in cui il potere ci vuole trascinare. Dividere la gente, a causa delle scelte e idee, è un buon modo per indebolirle e quindi renderle facilmente governabili, sempre più deboli nella capacità di agire a partire dal proprio potere interiore.

Occupandomi di educazione non posso escludere da questo meccanismo anche il sistema scolastico che attraverso programmi, progetti, libri di testo vuole divulgare un pensiero rigido, a tratti incoerente e falsamente inclusivo. Del resto si vede come le relazioni sono sempre più difficili e evidentemente la formazione scolastica non ha favorito l’accoglienza autentica, la capacità di stare con il pensiero dell’altro.

Una società che nega l’identità, rendendola inafferrabile, non mi sembra possa avere prospettive future che sostengano lo sviluppo della persona. E per questo non nascondo la preoccupazione per bambini e ragazzi che ogni giorno sono scekerati dentro scatole chiuse, rigide perché gli adulti sono solo pronti a difendere il proprio orticello seminato senza empatia, senza il dubbio, con arroganza e svogliatezza. Non basta fare i progetti, stare all’aperto, cantare le canzoncine, fare le ricerche con Wikipedia… trovo che tutto ciò ha solo la sua essenza nell’omologazione.

Nella società del controllo, apprendere a uscire dai recinti percettivi, farsi coraggio e agire in direzione opposta è indispensabile. Come individuare la direzione?

Io la sento e la perseguo e si compone di tante sfaccettature che hanno una cosa in comune la custodia della vita.

info.ceciliafazioli@gmail.com

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